Biblioteca comunale
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La biblioteca si trova nell’edificio "Il Filandone" dal 22 settembre 2013.
Tra il Settecento e l’Ottocento nel Nord Italia prendono avvio le prime filande, stabilimenti per la lavorazione della seta e in un secondo momento anche del cotone. Si tratta di grandi edifici, generalmente a più piani, dai soffitti alti e dotati di ampie finestre, costruiti nei pressi dei corsi d’acqua per sfruttarne la forza motrice.
Tra di essi il cosiddetto “Filandone”, così chiamato dai martinenghesi per la sua notevole mole ma soprattutto per distinguerlo da altri setifici di dimensioni inferiori già presenti sul territorio. Costruito dalla famiglia Daina dal 1872 al 1876, l’edificio dà un notevole impulso all’economia locale, garantendo buone opportunità lavorative soprattutto alla forza lavoro femminile. Sventuratamente si trova molto presto a dover fare i conti con l’epidemia di pebrina che colpisce la gelsibachicoltura bergamasca e che, durando a lungo, interrompe l’ultima grande espansione del settore della seta nel territorio.
In aggiunta alla sua importanza economica non può di certo sfuggire il suo valore artistico: la costruzione vanta eleganti forme neogotiche che la rendono uno dei migliori esempi che si conoscano di archeologia industriale di fine Ottocento.
Da un atto notarile del 1902 si sa che la proprietà dell’edificio era intestata alla signora Lucia Calori, maritata Allegreni. Con un successivo atto del 1919 passa al Cavaliere Gerli che, nel 1921, lo lascia in eredità ai parenti.
Nel 1926 il Filandone viene nuovamente messo in vendita e acquistato da Ambrogio Vailati. In seguito alla crisi generale della sericoltura nel 1929 Vailati presenta istanza di fallimento, e nel 1934 lo stabilimento torna alla signora Calori.Successivamente viene acquistato dall’Ente economico Fibre Tessili, che nel 1949 lo riapre col nome di “Essicatoio Sociale Bozzoli”. Nel 1956, con l’introduzione di nuovi sistemi automatici di filatura dei bozzoli, anche a Martinengo si installa una nuova filanda sperimentale, dotata di macchinari moderni inseriti in un nuovo capannone costruito intorno al 1950, attiguo alla facciata principale nord.
L’ennesima crisi del settore però costringe anche questo “gigante” a chiudere definitivamente i battenti nei primi anni del secondo dopoguerra.
L’intero complesso viene abbandonato e ceduto al Ministero del Tesoro, che nel 1976 autorizza il regista Ermanno Olmi a girarvi alcune scene del film “L’albero degli Zoccoli”, Palma d’Oro alla 31ª edizione del Festival del Cinema di Cannes del 1978. È infine acquisito nel 1982 dal Comune di Martinengo e il 22 settembre 2013, dopo essere stato completamente restaurato, il Filandone torna a splendere come polo culturale della cittadina, sede della Biblioteca. Ospita anche l’importante Archivio Storico Comunale, che conserva documenti dal XIV al XIX secolo.
Due ampie sale, una espositiva e una consiliare, ospitano al loro interno eventi di prestigio quali conferenze, convegni, seminari, degustazioni, mostre, concerti estivi e musica da camera, cinema, spettacoli teatrali, matrimoni civili e altro ancora. Nei piani rialzati hanno sede la Biblioteca Comunale e l’Archivio Storico.
La fabbrica, in stile neogotico lombardo, ricorda in effetti da vicino una cattedrale rinascimentale. L’alzato in mattoni a vista e il cotto impiegato nelle cornici e negli archetti pensili, che scandiscono la struttura e incorniciano stesure di intonaco chiare sono per esempio tipici di questo tipo di architettura. La bicromia è accentuata dall’intonaco del seminterrato eseguito "a finta cortina" - un’antichissima intonacatura tipicamente lombarda a base di fior di calce e di polvere di mattone, che ha la duplice funzione di proteggere il cotto e di rendere omogeneo l’aspetto cromatico e la tessitura della superficie.
L’interno dell’edificio nel piano seminterrato è ripartito da pilastri in pietra, al piano superiore da pilastrini e travi in legno, mentre è costituito da un unico ambiente al secondo piano. Il tetto è in legno, con una serie ravvicinata di capriate leggerissime coperte da coppi.
Il perimetro esterno è scandito da pilastrature sagomate. Le due lunghe facciate laterali (est/ovest) si caratterizzano per un’alta zoccolatura in cui si aprono le finestre più piccole del pianterreno, al di sopra del quale si elevano due ordini di enormi monofore in ferro e vetro. Anche le due facciate minori presentano simili finestrature. Tutti i lati sono coronati dal cornicione in cotto.
Nella facciata sud sono evidenti le immorsature di ripresa del muro in mattoni; testimoniano la volontà di proseguire nella costruzione di un’altra ala dell’edificio e di conseguenza di raddoppiare l’attività. Tuttavia la crisi che comportò la chiusura definitiva dell’impianto mise fine a ogni progetto per il futuro.